skizomante

Thursday, February 02, 2006

I SEGRETI DI BROKEBACK MOUNTAINS

I SEGRETI DI BROKEBACK MOUNTAIN
Titolo originale:
Brokeback mountain
Nazione:
U.S.A.
Anno:
2005
Genere:
Drammatico
Durata:
134'
Regia:
Ang Lee
Sito ufficiale:

Sito italiano:
http://www.bimfilm.com/isegretidibrokebackmountain/

Cast:
Jake Gyllenhaal, Heath Ledger, Michelle Williams, Anne Hathaway, Randy Quaid, Linda Cardellini, Anna Faris
Produzione:
Diana Ossana, James Schamus
Distribuzione:
BIM
Data di uscita:
Venezia 200520 Gennaio 2006 (cinema)
(La scheda con i dati essenziali del film è stata copiata dal sito http://filmup.leonardo.it/sc_brokebackmountain.htm).
Due giovani si incontrano nel Wyoming, nel 1961. Jack è un fattore, Ennis è un cowboy da rodeo. Con grande sorpresa vedono il loro rapporto crescere, consolidarsi...... fino a innamorarsi. Ma alla fine dell'estate alla Brokeback Mountain le loro strade si dividono. Entrambi si sposano e cercano una normalità nella famiglia tradizionale. A quattro anni dal saluto, però, Jack passa a trovare Ennis, e la passione riesplode...

(La trama è stata copiata dal sito http://www.35mm.it/film/scheda.jsp?idFilm=24317)


Innanzitutto una precisazione fonetica, visto che molti spettatori del film erano incerti sulla corretta pronunzia del cognome di uno dei due protagonisti: "Gyllenhaal" si pronunzia "Jill-en-hall", come si apprende dal suo sito http://www.jakegyllenhaal.com/index2.html, e quindi in italiano dovrebbe leggersi più o meno Gillenol, considerando che si tratta di un sito anglofono, anche se il nome è probabilmente di origine europea e la sua pronunzia originaria non la conosce nemmeno l’attore. Ai pedanti cultori della lingua lascio le precisazioni sull’apertura e il timbro preciso delle due vocali; detto questo, Jake/Jack Twist, che si è già candidato come possessore di uno dei nasi maschili più belli della storia del cinema (statuario, anche se non classico), ora si candida anche a icona gay, insieme a Heath Ledger, peraltro protagonista anche nel contemporaneo film su Casanova. I due però sono entrambi sposati e in attesa di pargoletti, quindi gli interessati non si facciano illusioni, anche se questo film li autorizzerebbe, perché anche nella pellicola si sposano, pur restando amanti. Ma non si dimentichi che il pubblico gay è ormai un target classico e che l’omosessualità, che sia presunta o reale, è ormai una voce di marketing… Ora entriamo nel merito e sfatiamo innanzitutto alcuni fraintendimenti molto comuni: non si tratta di un film western, dato che la vicenda si svolge negli anni ’60 del secolo scorso, anche se i protagonisti sono due cow-boys, e non due “pecorai”, come qualche malevolo critico ha scritto: certo, si occupano di pecore, ma non come se ne occuperebbe un pastore nostrano. La vicenda si svolge sulle montagne del continente americano, dove in pieno agosto ci sono bufere e si incontrano anche orsi. Inoltre il loro lavoro si svolge per lo più a cavallo, con tanto di fucile. Uno dei due, Jack, è pure appassionato di rodeo. Quindi parlerei di un film country, più che di un western, anche perché i riferimenti visivi, musicali e ideologici sono intrisi di questa cultura “campagnola”, che ha un suo stile inconfondibile anche nell’abbigliamento e che si contrappone alla cultura urbana degli States, dove rappresenta l’aspetto folklorico, con tutta l’ambivalenza del caso dato che il mito della frontiera, dal quale derivano il mito del west e in subordine la cultura country, si è fondato sul massacro dei nativi. Si tratta di una cultura machista, costruita intorno a un economia dell’allevamento, dove il valore di un uomo si misura in base alla capacità di trarre profitto da esso e all’abilità di cavalcare un toro in un rodeo, per esempio. Ovviamente è esclusa ogni tipo di debolezza nel maschio e la virilità è direttamente proporzionale alla rudezza e alla capacità di sostenere questo tipo di vita. Ma non mi starebbe bene nemmeno definire l’opera di Ang Lee un film “gay country”, perché essa si pone agli antipodi della cultura gay, come del resto ci si pone la cultura country, e perché i protagonisti non sono due gay, ma due bisessuali con una più o meno spiccata, più o meno repressa tendenza omosessuale. Anche se hanno rapporti tra di loro, e Jack oltre che col suo amante Ennis, anche con altri (in Messico), tuttavia si sposano entrambi e hanno anche dei figli.
Ovviamente il loro amore è impossibile in quel contesto sociale. Ma forse, al di fuori di quel contesto, non sarebbe nemmeno nato: spesso le grandi trasgressioni sono alle origini dei sentimenti più grandi. Dunque sono fuori luogo tutti i riferimenti ai film di John Wayne, al western classico e alla sua cripto-omofilia, e alla dissacrazione o rinnovamento di un genere, dato che il film, appunto, non rientra né nel genere western né in quello gay, e per questo probabilmente è un piccolo capolavoro. Gli apprezzamenti per il film, letti in vari siti e forum sono per lo più positivi. Ma vi sono state anche reazioni negative, sia da parte della critica, che da parte degli spettatori. Ai gay è piaciuto perché rappresenta l’amore di due maschi veri, al di là dei tradizionali birignao da “Vizietto”, ma anche della tradizionale sensibilità che spesso a torto si attribuisce a questo gender, e che fa cadere a sua volta in nuovi stereotipi per i quali due uomini che si amano hanno un’elevata cultura, una raffinatezza spiccata di modi o una predisposizione particolare per l’arte (ad esempio in film come “Maurice”, tratto dal romanzo di Forster, o “Anouther country”). Non c’è cultura e non c’è effeminatezza, nemmeno mentale, in questi due boys, anzi fin troppa virilità, e quindi per l’immaginario gay rappresentano i maschi ideali, i fantasmi del loro desiderio inesaudibile perché un vero uomo non potrà mai amare uno di loro, e lo sanno: l’unica possibilità per amare una persona del proprio sesso è quella di amare uno che vi ha abdicato. Il paradosso dell’omofilia: lo specchio rimanderà sempre la propria immagine, l’immagine di quello che si è e non di quello che si vorrebbe essere; due gay che si amano in realtà sono due lesbiche. Vi sono state a questo proposito ridicole lamentele perché i due vivono in clandestinità il loro amore, con il rimprovero più o meno sottaciuto per il fatto che non si cimentino in “outing” improbabili o non si diano “visibilità”. Ma stiamo scherzando? Siamo nell’America dei primi ’60, prima della nascita dei gay pride, in una società maschilista e omofoba. E poi il loro amore non avrebbe senso in una convivenza da “marito e moglie” con la speranza in un futuro regolato da pacs… L’equivoco nasce appunto dal fatto che si tratta di due uomini normali (normali perché pur amandosi non rinnegano la propria identità), e non di due gay.
Il loro sentimento è panico, nel senso che è tutt’uno con la natura che li circonda (mi riferisco al dio Pan e non al sentimento provato dai maschietti di fronte ad alcune scene un po’ crude – quasi che fossero loro a essere penetrati da Ennis in una tenda alzata su una montagna sperduta…). I loro accoppiamenti bestiali sono quelli di due animali selvatici – e forse una delle pecche del peraltro ottimo Ang Lee è proprio quello di non aver calcato molto questo aspetto, giocando solo di mero contrappunto tra Natura e Società, e non scrivendo uno spartito innovativo in cui il ritmo selvatico avesse la meglio sull’armonia e la melodia, in una versione estiva della “Sacre du printemps” di stravinskijana fattura. Inoltre avrebbe potuto evitare la scena del rapporto “cittadino” nel motel dove i due, fumando una sigaretta dopo l’amplesso, giunto finalmente dopo anni di astinenza, discutono del loro futuro come una banalissima coppia etero. Non sono d’accordo invece con chi taccia di scarsa credibilità la scena dell’incontro che precede l’amplesso: i due non si vedono da parecchi anni e si baciano sulla bocca con furore sotto gli occhi attoniti della moglie di Ennis, che non vista assiste esterrefatta alla scena che determinerà la fine del suo amore per il marito: si sostiene che è poco credibile. Invece secondo me è credibilissima: è l’esplosione dell’amore rimosso, quello più romantico e passionale, un attimo di follia che travolge il pur accortissimo Ennis, sempre cauto e misurato, ma anche il più passionale, forse. In quel momento egli dimentica di essere sotto casa sua, di avere una moglie e due figlie, di vivere in una città omofobica, per accogliere con tutto sé stesso l’uomo che ama, l’amico finalmente ritrovato.
Una scena da ricordare, e che secondo alcuni si inscrive nel registro della storia del cinema, è quella del primo rapporto nella tenda sulle Brokeback Mountains: una penetrazione anale rude, prima della quale Ennis si sputa sul palmo della mano, dove l’amore sodomitico autentico si manifesta in tutta la sua violenza perturbante. È in genere a questa altezza della narrazione che le risatine del pubblico tradiscono l’imbarazzo che suscita il desiderio quando si esprime nella sua purezza. Ai maschietti puri il film ha provocato disgusto, in quelli alla ricerca della loro identità ha lasciato un segno forse indelebile, alle virago è dispiaciuto perché i personaggi femminili subivano le scelte dei due protagonisti che le tradivano. Non mi sembra: la moglie di Ennis si sposa con il gestore del supermercato in cui lavora, cercando un chiarimento impossibile col marito solo dopo il divorzio, quando la rivelazione dei sotterfugi con i quali ha avuto la conferma del suo tradimento è ormai patetica e inutile, dimostrando la meschinità tipica delle donne abbandonate, che non perdonano nemmeno quando si sono rifatte una vita. La moglie di Jake sopravvive al marito, che rappresenta poco più che una figura di scarso rilievo nella sua vita tutta dedicata alla gestione dell’azienda di famiglia: egli è stato solo quello che l’ha inseminata e resa gravida del figlio necessario a soddisfare il narcisismo del padre-padrone. Le anime belle femminili invece si sono commosse fino alle lacrime per il sapore romantico della storia: peccato che si trattasse di due uomini! Temo che le numerose donne che abbiano guardato questo film, come altri a tematica omofila, nel tentativo di capire di più della psicologia maschile (tentativo inutile perché del maschio medio in genere sanno più di quanto lui stesso sappia), siano rimaste un po’ spiazzate: non viene rappresentato il gay che loro tanto amano (ma che in realtà compatiscono), l’eunuco ipersensibile e raffinato, arbiter elegantiae et amoris con il quale confidarsi e fare comunella contro il macho detestato per la sua rozzezza e la sua insensibilità ma incarnazione del desiderio di entrambi i generi; viene bensì rappresentato il macho che desidera un altro macho, rompendo il triangolo classico della meccanica emozionale di genere. Questa è la grande innovazione del film. Infine un’annotazione, su quella frase finale pronunciata da Ennis, su quel “lo giuro” per il quale si sono rintracciate le parole originali nella versione anglofoba e si è recriminato sul doppiaggio in una polemica pretestuosa: quel “lo giuro” riprende il giuramento che Ennis fa all’amante in una delle ultime scene, minacciandolo per le voci che gli sono giunte all’orecchio dei suoi “tradimenti messicani”, che egli non può assolutamente tollerare. Poco dopo riceve la cartolina che l’appuntamento di novembre, che hanno pianificato nel loro ultimo incontro, non avrà luogo (Jack in realtà si è trovato un altro uomo). Ebbene, quel giuramento – e mi pare che nessuno l’abbia notato – getta una pesante ombra di ambiguità sul ruolo di Ennis nella fine di Jack, anche perché la scena del massacro sembra quasi un flash-back di Ennis per il ruolo che occupa nell’economia narrativa; forse è stato proprio Ennis ad assassinare o a far assassinare l’amato, e se così fosse sarebbe in pieno accordo con il carattere del personaggio: omofobo come il padre, che da bambino lo ha condotto insieme al fratello alla visione straziante del corpo castrato di un altro cow-boy, massacrato dal genitore e dai suoi sodali perché colpevole di amare un altro uomo, egli in realtà ama e odia Jack, ama e odia il suo desiderio, secondo un modello psicologico ambivalente che ricalca molto da vicino alcune forme di autentica schizofrenia; esso si risolverà patologicamente nell’assassinio quando Ennis avrà la conferma definitiva che il suo amante non è un vero uomo come lui, e ha rotto la purezza del sentimento assoluto che li legava dandosi anche ad altri. Tradendolo con altri maschi, Jack si inscrive nel registro dell’omosessualità, contaminando con il sesso promiscuo un amore virile che per Ennis doveva limitarsi alla sporadica reciprocità del sentimento esclusivo che li aveva legati fino a quel momento. Ma uccidendo Jack, Ennis uccide anche la sua parte più autentica, e non gli resterà che condurre una vita solitaria, espiando il suo dolore e la sua colpa nel ricordo perenne di un amore impossibile e fatale.

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