WANNA MARCHI CAPRA ESPIATORIA, FRATE BISCEGLIA SI ACCONTENTA DI QUELLO CHE PASSA IL CONVENTO, FINI FUMÒ LO SPINELLO IN GIAMAICA MA PROPONE DI ARRESTAR
I disperati che si rivolgono al cartomante per motivi di salute spesso cercano nella magia quel conforto e quell’umanità che il medico tradizionale non è in grado di dargli…
Ma l’algofila Wanna è ormai entrata nella storia del piccolo schermo, e delle sue vicende giudiziarie e degli strascichi di queste poco ci interessa: ella con le sue urla, le sue grida per gli acquisti (altro che consigli) è stata una erinni capace di suscitare sensi di colpa nel telespettatore che non provasse ribrezzo per il grasso del proprio corpo. Ha servito la Chiesa più che le potenze del male, suscitando un disprezzo per la carne (in eccesso), pari alla cupidigia con cui, servendosi della sua corte di maghi e aspiranti fattucchiere, spillava denaro a chi le chiedesse aiuto (secondo le accuse), vera metafora della denigrazione del consumismo occidentale nella sua versione italiota, in cui l’era dell’abbondanza troppo è stata identificata con l’era della grande abbuffata alimentare. Ha dato il suo contributo culturale alla definizione del nuovo schema del corpo contemporaneo e se si è arricchita con minacce, amuleti e maledizioni (come sostengono) lo ha fatto con i mezzi che aveva a sua disposizione e secondo i suoi talenti in un capitalismo globale dove si odora solo il denaro dei parvenu, che magari puzzerà di merda ma non di sangue come quello di chi, secondo Balzac, ha costruito un patrimonio veramente grande (all’origine di una grande ricchezza c’è sempre un delitto, scriveva il francese ormai due secoli fa). Magari si potessero vedere le lacrime (di coccodrillo o di altro animale) di chi viene processato per reati ben più gravi. Ma manca la conditio sine qua non: il processo vero, appunto. Vorrei vedere quelli di striscia mostrare lo stesso zelo adoperato per Wanna nei confronti di figuri come quel Casillo, accusato di aver acquistato partite di grano contaminato dal Canada, partite che sono finite nella pasta dei migliori produttori nostrani: quantità esigue, sembra, prive di rischio per il consumatore, ma ormai pure sulla pasta, la base della nostra dieta, cala un’ombra inquietante… ma basta, è tutto contaminato, mangiamo e beviamo solo merda, respiriamo merda, e per non affogare in pensieri di merda è opportuno cambiare argomento e distrarsi un po’. Fra Bisceglia è la new entry dello stall (non star, avete letto bene, stall – come stalla) system televisivo italiano.
Innanzitutto qui lo si giudica per par condicio come personaggio televisivo, e non come frate, così come abbiamo giudicato Wanna come icona televisiva e non come strega. Leggendo le accuse che gli si muovono lo si potrebbe credere una versione riveduta e ancor più scorretta del cinematografico e indimenticabile Babbo Bastardo, il Babbo Natale alcolizzato che si pisciava sotto davanti agli ingenui bambini che esprimevano i loro desideri e sodomizzava perverse femmine da monta; con la sua capigliatura e la sua barba very christmas night il frate ha avuto il torto, secondo l’accusa, di contentarsi di ciò che gli passava il convento. Ovvero le suore che avrebbe stuprato, in vicende boccaccesche in cui l’estetica del pecoreccio più genuino si sposa con interni ben poco monastici di pornografica memoria. Personaggio esuberante, aggressivo, plurilaureato, prostatico e incontinente, tifoso sfegatato, legato al Cosenza, ospite televisivo di reti locali e nazionali, molto politicamente scorretto, non lo si riesce a odiare: gli hanno dato i domiciliari e speriamo pure qualche bella puledra che possibilmente non sia una monaca di clausura, per sfogare la sua esuberanza (ma pare che sia impotente).
E passiamo alla politica, non per cambiare argomento rispetto alla società dello spettacolo, ma per trovarne l’essenza autentica: meraviglioso il fotomontaggio dinamico di striscia di mercoledì in cui si vedeva un Fini versione freak, abbigliato da rasta, fumante lo spinellone come durante la sua sconcertante vacanza in Giamaica con gli amici. È stato lo stesso politico ad ammettere la sua esperienza psichedelica in quel dei Carabi: già il solo pensiero fa scompisciare… ma ve lo vedete il post-fascista che si è prostrato di fronte alla potenza di Sion rinnegando il fascismo da cui proviene come male assoluto, con la zucchetta o senza, che fuma un derivato della cannabis? Forse preparava la sua futura strategia perdonistica, e confondeva la Zion di Bob Marley con la Sion degli Ebrei con i quali è dovuto giungere a pesantissimi compromessi pur di consolidare le sue posizioni di potere. Perché le sue ultime posizioni molto progressiste (i suoi sì all’ultimo referendum, per esempio) non si sposano con la sua ennesima criminalizzazione della tossicodipendenza, che ripesca i vizi retrogradi e la paranoia di controllo della destra tradizionale. Dunque non c’è reale evoluzione di pensiero, ma solo calcolo politico, mi sembra di poter dedurre. E poi, caro Gianfranco, tu te lo sei fumato lo spinello in Giamaica, vuoi che tutti gli italiani attraversino l’Oceano Atlantico per farsi una canna e non essere arrestati? Gianfranco infatti vorrebbe inserire nel decreto per le Olimpiadi di Torino, secondo una prassi politica raccapricciante, la nuova legge sulle droghe, che equipara, di fatto, la cannabis all’eroina. Sarà considerato come spacciatore chi sia trovato in possesso di quantità superiori a quella famigerata modica quantità, il cui spettro ritorna ancora una volta. E il consumatore comunque sarà sottoposto a una serie di misure amministrative che lo priveranno, di fatto, di alcune libertà (ritiro del passaporto e della patente, obbligo di firma in caserma) oltre che a costringerlo a pagare cospicue multe. Ricordate all’inizio degli anni ’90 le ondate di arresti in cui le patrie galere accolsero numerosi giovani colpevoli solo di farsi le canne, a causa della famigerata Craxi-Jervolino? Ci fu poi un sussulto di coscienza e una considerazione pratica: non si potevano impegnare forze dell’ordine e istituti di pena per una stronzata del genere, che non risolveva certo il problema della tossicodipendenza, anzi forse lo aggravava, perché tanto valeva allora farsi di eroina e cocaina, visto che non c’era differenza, dal punto di vista legale, con la cannabis! Ricordo a Gianfranco che la legge non ha portato molta fortuna a Craxi… qualche hanno dopo Bettino era il cinghialone bersaglio di insulti e monetine: criminalizzare la droga porta sfiga! Ma non credo che l’argomento “malocchiesco” abbia presa su una persona che ha dimostrato di essere così “razionale”. Ciò che gli farà cambiare idea saranno probabilmente le considerazioni dei suoi collaboratori più intelligenti, quando gli faranno notare che la massa dei giovani che fino ad ora se ne erano strasbattuti di questa farsa delle prossime elezioni di aprile, si recheranno in massa alle urne per votare la sinistra, che storicamente è stata sempre tollerante sull’argomento droghe. Più spinelli per tutti dovrebbe essere lo slogan di centro-destra che voglia far presa sulle coscienze giovanili, altro che tolleranza zero! Oltretutto i giovani sono ben più numerosi di quei “benpensanti” incartapecoriti il cui bolso moralismo questa nuova (in realtà vecchia) legge cerca di titillare. Ma mi costringete anche a machiavelliche lezioni di realismo politico? Si vede che questa classe dirigente è composta di dilettanti allo sbaraglio: non si tratta nemmeno di un teatrino, ma di una corrida!
Mi avvertite quando oscurerete il mio sito o vorrete crearmi dei problemi, in modo da non farmi scrivere articoli inutili che non potrò postare? Alle censure ormai sono abituato, ma vorrei che foste leali risparmiandomi la fatica di redigere articoli che non saranno pubblicati. In fondo vi amo tutti, perché tutto è spettacolo e niente è reale, e un personaggio televisivo è un simulacro, e lo giudico sempre per come appare. Come è realmente non mi interessa nemmeno: dal punto di vista metafisico si tratterrebbe di una grave contraddizione ontologica: non si può attribuire l’esistenza al superfluo, ma ci si può divertire. Un politico, una strega, un frate che passano in televisione, non sono più un politico, una strega, un frate bensì un personaggio di politico, di strega, di frate. Sicché anche se detto personaggio ideologicamente è agli antipodi della mia Weltanschauung, non mi riuscirebbe mai di odiarlo o di prenderlo sul serio; il mio umile compito di giornalista (non iscritto all’albo, per carità, e non pagato da nessuno e nemmeno ripagato dall’affetto dei lettori virtuali che difficilmente si scomodano esprimendo anche il surrogato di un commento, auto free lance o free free lance oserei definirmi) consiste nell’esprimere considerazioni scientifiche adottando un criterio fenomenologico: di quello che vomita il tubo catodico faccio l’oggetto della mia scrittura, senza rancore e con il sorriso sulle labbra. Pertanto come posso non apprezzare la presenza del nostro presidente del consiglio, il Berlusconi, che ultimamente dilaga su parecchie reti, propinandoci ottimismo venato di sentimento persecutorio, vittimismo condito di ironia, sketch e barzellette in cui è maestro (non le barzellette sullo stato reale dell’Italia, malevoli lettori, che forse non è conosciuto nemmeno dal centro-sinistra, bensì quelle sul presunto voto di castità, poi rinnegato, in cui un politico si dimostra più morale di un frate! Silvio batte il teologo Bisceglia sul suo stesso terreno! L’uomo di potere che si dimostra più morale del conventuale… fortunatamente l’immaginifico ha poi smentito a casa di Vespa l’altra sera, altrimenti avrei pensato che stesse studiando da papa, invece che da presidente della repubblica…) A proposito di porta a porta di martedì, una vera chicca è stato il ripescaggio del confronto D’Alema-Berlusconi di qualche anno fa: Silvio mostrava venti anni di più di quanto ne mostri adesso e Massimo sembrava davvero un ragazzino pronto a essere divorato, come di fatto accadde, dal lupo cattivo, dove la parte della nonna veniva recitata dalla Bicamerale… Oggi invece, D’Alema si cruccia (spero) per il disvalore morale aggiunto della (in parte anche) sua barca rispetto alla sua figura pubblica, mentre Berlusconi si gode il valore estetico aggiunto del trapianto tricologico, e anche di qualche altra cosa, forse, dato che il suo viso appariva ancora più liscio e fotogenico di quello di Monica Bellucci ospite di Bonolis in contemporanea al senso della vita! A questo punto non posso fare a meno di esprimere una risentita recriminazione nei confronti del conduttore che nella sua intervista stimolava l’attrice ad approfondire alcuni temi d’attualità: dal banalissimo chiacchiericcio che ne scaturiva, infarcito di luoghi comuni e di “si dice” spacciati come acquisizioni delle intelligenze più aggiornate (per entrare nel novero di questi moderni pensatori basta essere politically correct, cioè mostrare di tollerare anche l’idiota più stomachevole, solo perché è una donna o è di colore o è gay o è un caso umano etc., secondo la ricca casistica in cui oltreoceano sono maestri, allo scopo di ghettizzarlo con raffinatissima astuzia), si attendeva probabilmente l’impossibile epifania di un po’ di materia cerebrale dietro una bellezza di spessore mondiale. Ora, è chiaro che dalla communis opinio niente può emergere che non sia scontato, che non sia aria fritta, che non sia fuffa, che non sia cerebromuffa. Specialmente in un mezzo come la televisione, che a registro di pretese intellettuali può soddisfare al massimo quelle della leggendaria casalinga di Voghera (sia detto non a discredito del mezzo, che nel suo specifico ha solo quella che definisco “spettacolaribilità”, cioè la sublime capacità di rendere il niente degno dello sguardo, cioè dello spectare). E poi: perché una donna bella o bellissima dovrebbe dimostrare di essere anche intelligente? In genere c’è un rapporto di proporzionalità inversa tra le due qualità, secondo il quale quanto più c’è bellezza tanto meno c’è intelligenza. Mi sembra un contrappasso naturale: troppe qualità in uno stesso individuo hanno un che di anormale, finanche di mostruoso: un genio al massimo può essere carino. Si può essere belli e non stupidi: ma allora non occorre dimostrarlo dandosi pretese intellettuali, altrimenti si appare l’opposto di quel che si vuol far credere. Alle bellezze stellari consiglio caldamente il silenzio: non si rischia così di apparire sterili ripetitori di insulsaggini altrui e ci si circonfonde di quell’aura misteriosa che rende la bellezza ancora più splendente; inoltre si dà l’opportunità di lasciar inferire a chi contempla capacità intellettuali maggiori di quelle che si possiedano, perché restando silenti non possono essere valutate come nel caso che le si voglia rendere palesi nel tentativo di esprimere un’opinione, tentativo che si ritorce contro la bellissima o il bellissimo sprovveduto di turno.
Ma basta con questo cipiglio moralistico e questa gravità di austero osservatore di costume: parliamo di argomenti leggeri, ritorniamo alla politica. Scrivevo poco sopra del valore aggiunto del Berlusca – preferisco liberargli il cognome dall’accrescitivo secondo me fuori luogo, per alleggerirlo un po’ del pesante fardello che deve essere per lui (come per chiunque) governare gli italiani. Inoltre questo taglio lo preserva anche dall’accostamento parodico con un qualsiasi Merolone o altri colleghi della televisione. Il personaggio è simpatico, bisogna convenire; ci vuole una certa maestria nel far dimenticare al pubblico di essere il presidente del consiglio aspirante presidente della repubblica, invece che uno straordinario one man show. Difficilmente un Prodi potrebbe spuntarla in un faccia a faccia con lui, anche nella parrocchia più bigotta del paesino più sperduto d’Italia. D’Alema dovrebbe andare a lezione dalla buonanima di Guareschi, e trasformarsi in un Peppone postmoderno; ma temo che come interlocutore si troverebbe solo uno stagionato Don Camillo alla mortadella, ultimo stadio dell’evoluzione di un Prodi disposto a tutto pur di conquistare la ribalta. Fassino è una persona seria, e non potrebbe mai competere col Berlusca sul piano del varietà: sarebbe come un dilettante del pubblico che vuole avere la meglio sul capocomico (a proposito del Piero, gli hanno giocato questo tiro mancino della Unipol e delle coop: ma come, mi viene da dire, avete martoriato l’anima dei comunisti perché si evolvessero secondo un mondo regolato dalle leggi di mercato, e ora che vogliono farsi la loro banchetta ve ne venite su con la questione morale? Che ipocrisia, ed è un gioco facile con gli ex-comunisti, che vogliono ancora ritenersi detentori di una specificità morale che però non può essere più la carta sulla quale giocare la loro credibilità, se non si trovano una nuova identità e non portano nel palazzo un diversità autentica… Comunque I love Piero, non toccatemi Fassino, non mi distruggete l’ultimo erede del vecchio Berlinguer. Non si può sparare sulla croce rossa, così si è espresso più o meno recentemente a Markette persino quell’antipatico destrorso di Feltri! E lui è veramente la croce rossa del comunismo italiano, per il suo cattolicesimo, i suoi sensi di colpa pei trascorsi frattocchiari, la sua aria ascetica, il suo sembrar prendere sul serio persino la politica). No, credetemi, fratelli e sorelle, contro il Berlusca l’unico antagonista possibile è Fiorello. Oppure Adriano Cementano. O potrebbe esserlo l’ottimo Totò, se fosse ancora vivo: con un suo “Ma mi faccia il piacere” direbbe in cinque parole tutto quello che c’è da dire.
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