skizomante

Thursday, March 02, 2006

FILM/VISTO: NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI

Tanto rumore per nulla. Pubblicizzato nelle migliori vetrine televisive, persino a Sanremo, il film con Faletti protagonista appare come una melensa commedia italiota, che pur di lasciare un gusto amaro rinnega sé stessa, come nella pretensione di rendere meno banale la panna con ingredienti che non le si confanno, tipo il rabarbaro o il peperoncino. Patetica la figura della nonna, che muore d’infarto (credo) perché ama ancora ballare alla sua età nonostante il medico glielo proibisca (difficile in quell’epoca trovare una nonna così, la si ritrova più oggi, magari). Poco credibile soprattutto questo professore ex-sessantottino che si fuma lo spino davanti all’allievo, che invece, pulito e puro assiste divertito alla rievocazione dei suoi trascorsi freak e che poi viene tradito dal “carogna” (epiteto con cui viene gratificato dagli alunni il prof) al momento fatidico dell’esame di maturità. Il messaggio che passa, persino esplicitato, è che non bisogna mai fidarsi dei professori. Specialmente ex-sessantottini, che in fondo sono dei poveri sfigati. In realtà molti ex-sessantottini sono persone che hanno ruoli di privilegio oggi in Italia, fanno parte della classe dirigente distribuiti un po’ in tutti gli schieramenti, e periodicamente continuano a propinarci la mitologia dei favolosi sessanta, in cui in realtà non cambiò un emerito cazzo mentre si raffinò piuttosto la meccanica desiderante che ancora informa il nostro metacodice. E costoro poi, puntualmente, confrontano la grandezza dei loro ideali di allora (diciamo della stupidità facilmente strumentalizzabile della loro esuberanza giovanile scambiata per grande politica), che oggi giustamente rinnegano, con il disinteresse delle generazioni attuali. Che saranno anche più idiote ma emotivamente sono più intelligenti e non si lasciano manipolare facilmente dal mito di Che Guevara, che per loro equivale a quello di Scarface: va bene per un poster o per rendere una maglietta più trendy, ma certo non lo si prende sul serio dal punto di vista ideologico. La sua vita la si gusta come un romanzo, non come il paradigma valoroso del giovane rivoluzionario assassinato dal Potere.
Negli ‘80 tra l’altro c’era poi la categoria delle professoresse ex-sessantottine, presumo più numerosa di quella dei professori ex-sessantottini, che forti del cospicuo stipendio del marito, oltre che di quello statale, hanno giocato a fare le signore predicando la rivoluzione proletaria.
Questa categoria, come l’altra, esercita ancora oggi le sue funzioni pedagogiche. Ma con molto meno carisma che negli anni ‘80, quando erano più rispettabili e non avevano perso ancora l’aura che derivava loro dall’aver combattuto contro il sistema capitalistico etc.
Ma il film non si preoccupa di restituire un’immagine più complessa di quelli che furono gli anni ‘80: in quel periodo non ci furono solo le canzoni dei Duran Duran, di Cecchetto o degli Europe; non ci furono solo i giovani fighetti (i paninari sui quali i sodali di Faletti hanno costruito le loro fortune di comici), ma ci furono anche i dark, i metallari, i rockettari. Ci fu Chernobyl e l’aids. Ci fu il trionfo del socialismo craxiano. Ci fu l’affermazione della società dello spettacolo. In quegli anni maturò l’ultima generazione che mise in discussione il Potere (con risultati ovviamente ancora più patetici e ridicoli di quella precedente) e che diede inizio nei ‘90 al movimento della Pantera e dei centri autogestiti, quando il ‘68 e le sue tensioni divennero definitivamente prodotto di consumo. Di tutto questo il film non parla, solo un vago riferimento al crollo del muro di Berlino, se ben ricordo. Insomma, quelli saranno stati anche anni di merda e di edonismo reaganiano, ma non furono solo quello. E un film che aspiri a essere qualcosa di più che uno scadente prodotto di consumo non può appiattirsi su pochi luoghi comuni, deve sforzarsi di riprodurre un minimo di complessità. Inveceche tristezza: ne esce un subdolo italiota graffiti che può toccare le corde della generazione che ha vissuto quegli anni come può la più stupida delle musiche legate alla propria giovinezza (e questo ne spiegherebbe il proclamato successo). Ma è un film mediocre, superficiale, insulso e in fondo diseducativo perché descrive la scuola di quegli anni come un macello inutile (e quella di questi anni allora?) gestito da frustrati vendicativi, il che è vero solo parzialmente, e gli studenti come miserrimi cazzari con la rara eccezione della solita mosca bianca, stereotipizzata nell’occhialuto secchione che verrà cacato dai compagni solo per essere sfruttato in vista della preparazione all’esame, e al quale sarà destinata la carriera del serial killer.

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