skizomante

Saturday, March 04, 2006

TV QUESTA SETTIMANA

QUEL PORTENTO DELL’ORLANDO ovvero ERMENEUTICA DI UNA CACOICONA. Assurto alla sottocronaca mediatica con le cammellate e il triccheballacche, come non citare questa simpatica cartosagoma dell’Orlando Portento (nomen omen) autoriesumatasi come una figurina di zombie eterico e danzereccio dal cimitero televisivo dei primi anni ’80, vero spasso d’Italia con il suo tormentone che gli ha dato fortuna e per il quale sarà ricordato per sempre negli annali televisivi, così come il Calderoli con la maglietta che riproduceva le vignette anti-islamiche passerà alla storia televisiva delle vergogne italiote. Perché questa è la gente che fa la storia della televisione, son queste le microicone da inserire in nuovi album di figurine per raffinatissimi collezionisti dell’ultratrash mediatico con supercazzola in valore aggiunto. Il triccheballacche umano, il portentoso cammello pazzo, è una neosagoma che suscita tutta la nostra ammirazione, non per la patetica verve polemica nei confronti del reality “La fattoria” dal quale è stata esclusa la moglie e nei confronti del quale voleva rappresentare la ridicola protesta che gli si è rivolta contro, non per la falsa invenzione di un’espressione e di un movimento allo scopo di ridarsi una verginità in una televisione che ormai l’aveva seppellito e dimenticato da anni (il poveretto è un’altra vittima dei Napoletani, come il Boldi assoretato in un cabaret d’antan recentemente ritrasmesso credo da Baudo, che celebrava il Faletti ora addirittura cinematografizzato), ma per l’esemplificazione festosa di un funerale catodico, in cui la protesta impotente nei confronti di un circuito che dopo averlo riprodotto per la gloria effimera di una pubblicità eterorefenziale (il programma dal quale è stato escluso la moglie e che volente o nolente il portento ha markettato), si manifesta nella sua cubica potenza iperplatonica: Orlando, per procacciarsi un minimo di riesumazione mediatica, è dovuto diventare l’imitazione (il cammello pazzo triccheballaccato) di un elemento di un’imitazione (il reality imitazione della realtà) a sua volta inserito in un medium (la televisione) che di per sé, solo per il riprodurla, già imita la realtà stessa. Sicché anche una cacoicona (sinonimo di sagoma) mediatica sottintende, pur nella sua insignificanza sostanziale, un movimento filosofico la cui ermeneuitica non rende forse gloria al critico che la espone en passant, ma sicuramente rende giustizia alla potenza del mezzo.
MARKETTE giovedì. Grande Kiambretti che questa sera ha preso di mira il Cipollazzo nazionale, alias il baldo Boldi, che ha dovuto rinunciare suo malgrado alla tradizionale facies di postcummenda cui un esposizione eccessiva di onde elettromagnetiche ha aggrovigliato leggermente i neuroni oltre che al suo visus subreale che misteriosamente ha favorito le sue sorti di maschera cinematografica e alla sua imago di cartone animato di pongo ora in fase declinante dopo la rottura con il partner storico De Sica (Christian) in Verdone, la cui moglie, a quanto pare abbia detto, avrebbe le sue responsabilità nella scoppiatura. L’ilare cummendaz suscitava un sentimento di compassione: pareva una specie di panda di peluche indifeso, i cui artigli si rivelavano di carta di fronte alla vis comica di Piero autentica hyaena vendicatrix del proscenio telemediatico, al di là di ogni programmata o programmabile intenzionalità; gustosissimo il confronto di Massimo Sboldato con la fotografia di un noto personaggio di cui ha rivendicato l’amicizia, recentemente assurto all’onore delle cronache giudiziarie, a cui, da quanto ho capito, era legato da fili pubblicitari a me oscuri. A un cero punto Piero ha ripescato una definizione di De Laurentis, credo, che aveva definito Boldi uno gnomo sottospirito, ma penso che intendesse dire un carciofo, considerato il significativo gesto che ha accompagnato la definizione. Soltanto uno scrittore latino, che so: il Giulio Cesare del De Bello Gallico, avrebbe saputo contenere una sagoma in un sintagma così conciso, ma unicamente Kiambretti poteva poi cortocircuitarlo nella sua gestualità ormai sopraregionale, una tecnica che ormai si avvale di varie tradizioni, le fonde insieme e le trascende.
Markette, tra irrinunciabili kermesse sanremesi e reality varii, si riconferma tv intelligente, coi suoi pindarici voli nel cielo del pecoreccio più fetido, ma sempre ornato di colorati lustrini, e le sue cadute intellettuali nel pantano di ciò che è alto, che solo per essere citato o alluso in una trasmissione del genere si aggiunge come novella linfa al trash in genetica trasformazione. Nella puntata di ieri ci siamo gustati il grande Gennaro Cosmo Parlato che interpretava Material girl di Madonna, avatar di un Farinelli nel ventunesimo secolo perfezionatosi nei café di Parigi e ora finalmente sul più vasto proscenio mediatico che pure molto gli si confà. E poi i colloqui con la inquietante Lory del Santo che sembra affrontare il vero reality della sua vita, in quei pochi minuti spumeggianti dell’intervista che le concede Piero. E ancora la Porcaro, spassosissima nella sua parodia partenopea e irresistibile della casalinga fintoberluskoniana e del lesbochic; infine lo straordinario vestirello, spogliarello all’incontrario che chiude a tono la tras più cool dell’anno. Funky come on!

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