skizomante

Wednesday, October 19, 2005

MARIA TRASH, VLADIMIR LUXURIA, PATRIZIA, LAPO, L'OGGETTO A E L'ITALIA SCOPPIATA

E CON IL VALORE AGGIUNTO DI UN ELOGIO DEL NOSTRO EROS NAZIONALE...

Mara Venier circonfusa di splendidi boys neri e bianchi non vuole rimanere zitella, ci fa sapere dagli studi della Rai. Intervista le figlie di Albano, una delle quali si esibisce anche in una performance canora; due orfane smarrite negli infernali gironi della società dello spettacolo, mentre la loro vita familiare viene data in pasto agli italiani voraci. Più tardi Gilletti intervisterà Pappalardo in gran forma con i suoi ricominciamo troncati sul nascere, appena formulati.
Povero figlio di un Battisti minore che deve contentarsi di un Gilletti adorante, il quale conserva come un’icona la pinna che Adriano calzava nell’edizione dell’Isola dei famosi che lo incoronò vincitore morale, Joe Cocker de noantri, istrione che buca lo schermo e allo stesso tempo sprofonda nella voragine che lui stesso ha aperto. Guaticchiando Domenica in, con Galeazzi Bisteccone che gestisce la tratta delle icone effimero-mediatiche per un pubblico sonnacchioso e stoned dopo la sbornia prandiale del giorno festivo (lui), o affaccendato nella sistemazione delle vettovaglie e del desco casalingo (lei), ho pensato che Markette in realtà è la versione feriale della domenica degli italiani, e che i boys di Chiambretti sono una versione più casereccia, lubambiana, di quelli di Mara, che distorce lo schermo con la carne tremula dei suoi seni e le labbra riempite di chissà che, simulacro casalingo di Vladimir Luxuria, in grande anticipo su tutti i trans-sdoganamenti, anche quelli di Lapiana (nel senso di Lapo Elkann) memoria. A proposito di Lapo, in Markette di martedì grande celebrazione di Patrizia, il trans/trav che ha salvato la vita al brand vivente della Fiat, durante la quale il malefico Pierino chiede chiarimenti circa l’oggetto a, il grande assente nella vicenda di Elkann, persino più imbarazzante dell’overdose; la differenza materiale fra un travestito e un transessuale è tutta nella presenza/assenza del significante fondamentale, in quella “n” malandrina che indica il transito verso il luogo del non ritorno della virilità e in quella “v” che lo vieta come un interdetto, quasi che al fallo si possa rinunciare solo per gioco, negandolo con vesti femminili all’esterno, ma esibendolo nell’intimità di un paio di mutandine, magari di pizzo. Signorini, imbarazzato dalla domanda inopportuna, glissa educatamente parlando di un’ “aggiunta”. Secondo lui, non è importante sapere se Patrizia sia operato o meno (sicché il fallo di Patrizia, ammesso platealmente con il timore che Lapo gli serbi rancore, resta solo quello di avergli salvato la vita); l’elemento di rilievo in tutta la faccenda sarebbero i dolori del giovane Lapo, che è solo e che ricorreva a Patrizia anche per essere semplicemente ascoltato. Una sorta di psicoterapia transazionale… rivelazioni come crudele contrappasso della società dello spettacolo, che dona visibilità al potere e potere alla visibilità, ma obbliga a lavare i panni sporchi non nell’intimità della propria dimora ma nel lavabo pubblico della portineria Italia, al di là di ogni orgoglio di schiatta in fondo piccolo-borghese.
Noi siamo contenti che Lapo abbia superato l’overdose (ma forse i momenti più difficili sono appena cominciati), che Patrizia abbia scelto la vita e non la privacy del suo cliente. E anche, suvvia ammettiamolo, che sia caduto dall’Olimpo precipitato dalle Moire, offrendoci uno squarcio di un giovane italiano, al di là delle differenze di censo: un ragazzo confuso, “spericolato”, con le sue frequentazioni fuorinorma (ma c’è ancora una norma, anche nella piccola borghesia e nella classe media? Credete stiano davvero ancora a stabilire il valore di una persona in base a come gestisce ciò che ha o non ha fra le gambe? Si alza un coro di no, ma l’Italia cattobigotta in realtà non perdona al giovane di essersi fatto sgamare, ogni desiderio è lecito solo quando è taciuto e senza testi-monianze, Gianni docet) che dànno speranza a tanti per i quali la metà perduta di platoniana memoria è sessualmente omologa. Se la non giovanissima Patrizia, priva del fascino di una fotomodella ed evidentemente con le sole armi della sua personalità, è riuscita a sedurre un discendente della schiatta agnellesca, c’è speranza non solo per trans e trav ma per tutti i gay e quelli a cui piace maschio. E non cinicamente per sposare un miliardario, ché è ancora giuridicamente impossibile, ma per suscitare l’interesse di giovani puledri che qualcosa di non comune dentro devono volere, se possono permettersi le donne più belle del mondo e invece frequentano gli uomini (così come spesso ha definito la Stampa di Torino i compagni della folle notte del rampollo). L’ambiguità che stigmatizziamo non è quella dell’identità sessuale di un’operatrice emozionale quale di fatto è Patrizia, che oltretutto fa un mestiere rispettabile, che presto dovrà essere riconosciuto e tutelato e che avrà un posto onorabilissimo tra le professioni del futuro, ma quella della scelta maschile. Sarebbe stata molto più utile alla causa del maschio un amore per un uomo con tutti gli attributi: pensate, una tresca con Raoul Bova avrebbe potuto dare la sponsorizzazione definitiva alle unioni tra persone dello stesso sesso, altro che Pacs (che saranno un pacco, inviatoci non da Pupo ma da papa Ratzy attraverso i suoi emissarii curiali). Uno splendido matrimonio tra Raoul e Lapo, celebrato in pompa magna a Roma, altro che quello di Totti, sarebbe valso come mille gay pride. O magari un rapporto clandestino tra Lapo e il commissario Montalbano (il commissario proprio, non il clone Zingaretti che lo interpreta), vissuto tra Ragusa e Torino, tra splendide ville e castelli aristocratici, improvvisamente alla ribalta della cronaca, pensate a come avrebbe rafforzato l’unità d’Italia in mezzo agli insopportabili rigurgiti secessionisti attuali! La Sicilia riconquistata non dalle armate sabaude, ma dall’amore di due giovanotti. Invece Lapo ha optato nel suo involontario outing per la forma-donna, perché al di là di tutte le speculazioni sull’oggetto a tale è una che si presenta come Patrizia.
Non è stato dunque veramente trasgressivo, la sua notte è la notte qualunque di un italiano qualunque, con risorse, che costringe la concretezza del suo desiderio in una forma muliebre senza liberarlo in tutta la sua carica eversiva per non ammetterne la realtà disturbante e per illudersi della propria normalità di fondo. Certo, per avere ragguagli più precisi, bisognerebbe parlare con Patrizia e sapere dei suoi giochi… ma dal punto di vista simbolico ancora una volta il fallo afferma se stesso velandosi, come la Verità.
In fondo dalla vita non si può avere tutto. E certo, se avete letto articoli precedenti in questo blog, saprete che non crediamo nell'outing come necessità nè tantomeno come dovere, essendo etero e omosessualità dei comportamenti nella pratica e delle convenzioni nella teoria. Le circostanze della vita ne hanno imposto uno coatto, di outing, al povero Lapo, fatto di cui non possiamo non rammaricarci giacché se riteniamo l'outing classico una forma di violenza, figuriamoci quello indotto. Ma il giovin signore ha le sue risorse per farlo dimenticare, come si evince dalla sicumera con il quale ha chiesto/ordinato il silenzio stampa, e quello che è stato scritto è solo il frutto degli stimoli che la cronaca contemporanea ha sollecitato. Ci sentiamo tuttavia di dare un consiglio a Lapo: se vuole risorgere, non vada in una di quelle cliniche americane per vip, quattromila dollari a notte, ma continui a frequentare Patrizia, magari rinunciando ai cocktail tossici. Non per ripagare il debito con la sua salvatrice, ma per ottenere davvero quello che manca al suo equilibrio: una macchina desiderante disponibile e che venga meno alla discrezione solo in caso di vita o morte. E per stare davvero a contatto con il popolo, secondo i principi del suo marketing di cui ha dato tante prove brillanti.
Lasciando i flussi mediatici cronachistici e ritornando a quelli più propriamente televisivi, m’è venuto di pensare in questi giorni che ci sia una continuità tra La 7 e la Rai: Pierino il malefico che rincorre vestito da parroco il curiale Prodi rivela percorsi nascosti; adorabile l’ex dc Romano che all’inizio sembra voler sfuggire, come la balena bianca ad Achab, alle grinfie del determinatissimo turbo-Chiambretti e c’è una schize che lega Costantino della Gherardesca e il mago Otelma, che si camuffa in improvvisi understatement; del resto la nonnetta provocata ad esprimere commenti sui personaggi ospiti del Malefico corrisponde al Gilletti in tacchi a spillo che peripateticizza la Rai (a ridatece Renato zero) meno vero di Mara-trash (altro che la De Filippi, ormai surgelata) che si fa circondare e fa circondare le sue ospiti da giovani ballerini, tra afrori e sudori, vendicandosi del suo Renzo che ha contribuito molto al suo vituperato stato anagrafico attuale (zitella conclamata). D’altro lato il momento clou di Markette-mercoledì è stato la lunga teoria di personaggi ai quali si è prestato in un geniale fotomontaggio lo scalpo e parte della facies della leonardesca Gioconda insieme con la bocca/sboccata di Bisteccone Galeazzi, con tanto di eloquio simil-coatto guarnito delle caratteristiche recriminazioni. Devo dire che la “parrucca” donava molto al Berlusca nazionale, che sembrava una sorta di fatina buona pronta a regalare milioni di posti di lavoro agli italiani, le mancava solo la bacchetta magica. E i posti di lavoro, ovviamente. Il famoso contratto era opportunamente scomparso in virtù dei misteriosi poteri soprannaturali. Grande riuscita anche per Vespa, che nerovestito sarebbe stato perfetto per rappresentare un’inconsolabile vedova siciliana e per altri noti personaggi, più accattivanti e veri che nel loro aspetto reale. Almeno quando la Galeazzi-bocca era chiusa.
Nell’Isola dei famosi Daniele giustifica (in senso tipografico) lo schermo con i suoi addominali a guscio di lumaca bollita (che per effetti di luce sembrano aspirare al guscio di tartaruga) e i suoi muscoli palpitanti. Come un bambino che vuole raggiungere l’agognata leccornia si precipita a raccogliere il tapiro per il povero Albano, che Striscia gli ha inviato grazie a Capitan Ventosa [(chissà quanto avranno speso per i biglietti aerei di andata e ritorno e l’affitto dell’elicottero (o degli elicotteri)]. Ma non era meglio consegnarlo alla Lecciso? Oltre che fare qualcosa di eticamente più giusto, si sarebbero pure risparmiati soldi e risorse; e se questo sperpero non fosse dovuto solo alle finanze di Striscia è doveroso ricordare che alla Rai si pretende ancora il canone (era tra l’altro ciò di cui si preoccupava il senatore Cossiga, post-picconatore sempre sulla breccia: pare che abbia detto qualcosa tipo: “a pensare che dobbiamo pagare per vedere l’Isola dei famosi”). Mah. A proposito di coppie scoppiate, sembra che la bella Michelle (Hunzicchia) sia sulla via della resipiscenza, tagliando i rapporti consueti con il demi-monde fattucchieresco nel quale la vedevamo perduta. Ma come ha fatto a lasciare un giovanotto come Eros, bello come il sole e buono come un piatto di pastasciutta?
Anche lei vittima del disprezzo generale per l’economia domestica e del fascino della società dello spettacolo; non sarebbe stato meglio pensare alla figlia e all’(ex?) marito Ramazzotti, che avrà avuto pure le sue colpe (si dice sempre così) ma che davanti ad un buon piatto di spaghetti all’amatriciana le avrebbe dato il meglio di sé (o se non quello, non le avrebbe fatto certo mancare niente)? Da come facilmente si arguisce, siamo per le coppie tetragone: non ci piacciono queste fughe dal mondo domestico per una fama effimera o i matrimoni costruiti solo come trampolini di lancio per le seduzioni del tubo catodico. La Hunzicchia ha sbagliato a lasciare un mito vero come l’ex ragazzo di borgata, icona dell’Italia proletaria che si è fatta da sé, timido, sexy, ruspante e saporito sia rasato a zero sia brizzolato, checché ne dicano gli invidiosi e le invidiose. Ci piace sia quando canta sia quando si chiude nel suo silenzio scontroso: regala sempre qualche brivido. E se vedeste certe foto che lo ritraggono nella sua nudità, mentre quel pisello importante fa distrattamente capolino, oggetto a che finalmente si rivela senza infingimenti, anche nell’aulico stato di riposo, in un corpo di macho che non ha bisogno di palestre, altro che tronisti… Che la Lecciso non venga inseguita da Albano ci sembra giusto (forse l’unica vittoria nell’Isola per il tenore di Cellino di San Marco sarà quella di essersi liberato dell’ingombrante Loredana), solo perché attendiamo il ritorno di Romina (Power), l’unica moglie autentica che gli riconosciamo. Se il ripensamento di Hunzicchia fosse autentico e non dettato da bassi calcoli, potrebbe inaugurare un nuovo trend: il ritorno all’ovile della pecorella smarrita, con tanto di beneplacito da parte di Santa Romana Chiesa. Forza Italia!