Amici si avvia alle puntate finali. Il reality della De Filippi, che si distinguerebbe dagli altri del genere per la sua funzione pedagogica (i giovani discenti effettivamente imparano o perfezionano abilità quali canto, ballo, recitazione), in realtà è godibile non per questa sua specificità (non ci frega niente se un reality insegni qualcosa o meno, perché un talento insegnabile non è un talento) ma per il conflitto di genere sul quale gli autori hanno abilmente incentrato la loro tattica, parallela a quella della serie attuale del Grande Fratello, e forse elemento di una strategia spettacolare anche a medio termine perché appagante in termini di share e up to date nel sottotraccia del social talking attuale. Si ricomincia a rimettere in discussione, senza verbalizzarla perché non sarebbe politically correct, l’emancipazione femminile, e questa rimessa in discussione non la si può semplicemente rimuovere facendola rientrare tacitamente nella fenomenologia del “passo del gambero”, cioè nel ritorno al passato su cui pontifica anche Eco nella sua ultima pubblicazione, anche perché il maschilismo in quanto tale non esiste in più. Questi primi, timidi segni di un conflitto tra i generi maschile e femminile è il sintomo della crisi di un’intera ideologia, il buonismo, e di un modello sociale, quello dell’uguaglianza omologante, che è ora di rimettere in discussione. L’emancipazione non ha prodotto l’uomo nuovo o la donna nuova, ma degli pseudoandrogini dall’identità incerta. Dato che l’attuale società dello spettacolo privilegia caratteristiche quali l’intelligenza emotiva (cioè, la volgare furbizia), l’apparenza e il superfluo, caratteristiche eminentemente femminili (senza esprimere valutazioni qualitative rispetto all’intelligenza, alla logica e alla sostanza) le donne si trovano avvantaggiate e il loro predominio nel reality della De Filippi riflette la nuova territorializzazione sociale di cui sono protagoniste. Lo scontro tra Raffaele, Nicola, Andrea, Ivan contro la squadra femminile capitanata dall’arpia Rossella – autentica virago, immagine della femmina castrante e maligna, avatar per un pubblico familiare della sanguinaria Xenia di Markette, vera imago perturbante dell’ordine maschile che fagocita con progressione geometrica quote di realtà di cui si nutre la sua carica simbolica – al momento dell’eliminazione del piccolo Nicola ha commosso persino Platinette ospite d’onore, particolarmente azzeccata come espressione solo parzialmente risolta o non risolta affatto dell’intermediazione dei generi, che opera nella sua stessa carne e nella sua stessa mente e ne costituisce il plusvalore telegenico. I maschietti appaiono attrraversati disordinatamente ma non ricomposti da linee giniche, le femminucce appaiono talvolta assimilatrici perfette di linee cacoandriche, ma in questa confusione superficiale di generi sembra che sia sempre il sesso debole (ex-debole, oggi di fatto il più forte) ad avere la meglio. L’altra metà del cielo trasborda e questa nuova territorializzazione sarà nel prossimo futuro foriera di conseguenze non trascurabili, perché sbilanciata in un ordine sociale il cui registro simbolico è sostanzialmente femminile (la polemica sulle quote rosa è pertanto sterile dal punto di vista femminile, mentre dal punto dio vista maschile esprime una resistenza abbastanza comprensibile). Comincia l’era delle Amazzoni, e non si vede un Teseo o un Eracle all’orizzonte, né lo si intravvederà mai. L’ “oggetto a” perde il suo posto privilegiato all’origine di tutte le catene significanti e diventa un simulacro. Comincia una nuova era di transidentità, di identità nomadi. I maschi non avvertiti avranno voglia di arrabbiarsi o di reagire o ritornare al machismo d’antan: in questo modo non potranno far niente altro che riprodurre il loro sterile stereotipo fin quando non si estinguerà completamente nella sua integrità – tuttavia questo stereotipo continuerà anche come simulacro ad informare la meccanica desiderante. Solo i maschi che avranno consapevolezza dello stato fluttuante della loro identità riusciranno a sopravvivere e a riprodursi. Gli altri saranno destinati a essere sfruttati e ad estinguersi: la globalizzazione è decisamente rosa shocking, e da tempo si è giunti al punto di non ritorno.