RIFLUSSO GLBT
Le recenti affermazioni di Vladinir Guadagno in arte Luxuria, in merito allo scollamento del classico binomio transessualità/trasgressione, seguite alla sua performance nell’ “Isola dei famosi” , dove sorprendentemente si è erta a paladina di un moralismo stucchevole, tradizionale e fondamentalmente piccolo-borghese, sono l’esempio di una tendenza che mira a normalizzare, per istituzionalizzarla, ogni devianza, disinnescandone così il potenziale creativo che ne è da sempre la ratio fondante, pur nelle sue declinazioni più o meno eversive. Esternando il suo desiderio di trascorrere il Natale a Foggia, dalla sua famiglia e affermando al contempo di non essere una persona trasgressiva per il solo fatto di essere una trans, dà al suo personaggio un colore tutto familliar-italiano in modo che possa essere metabolizzato anche dalla casalinga di Voghera, per riprendere l’abusata ma efficace definizione di Arbasino del massmedia consumer di fascia più calda (nel senso macluhanesco del termine sclc quello con minor strumenti extramediali che gli permettano di non subire passivamente il mezzo). Nihil sub sole novum: anche Renato Zero è riuscito a farsi accettare dal meccanico di Casaluce (questa definizione è mia e riprende invertendo il gender quella arbasiniana) giocando su una trasgressione anche spinta , ma tutta di facciata e che in fondo non metteva in discussione la Sacra Famiglia Italiana (emblematica la canzone “Il triangolo no” a questo riguardo). Addirittura, non molto tempo fa, Renato dichiarò a Pippo Baudo che la sua ambiguità sessuale fu una sceneggiata per evitare di fare il servizio militare. E così il cerchio si chiude, dall’impegno schizo di Mario Mieli (uno dei fondatori del movimento omosessuale/transgender italiano, autore di “Elementi di critica omosessuale”, 1977) nel rassicurante circuito farsesco della più genuina commedia all’italiana, in questa fine di prima decade del terzo millennio. In fondo trattasi di un “innocente vizietto”, “ama vestirsi da donna e allora ?”, “il “femminello” a Napoli porta fortuna”, “ognuno ha diritto di fare quello che vuole della sua sessualità” (a tre palmi dal mio culo) e via luogocomunando. Beh, al caro Vladimiro manca solo la santificazione sul presepe natalizio (non mettiamo limiti alla Provvidenza, può darsi che gli artigiani siano già all’opera e gli stiano dedicando un posto non lontano da Obama).
Insomma, mi sembra evidente: siamo in pieno riflusso gblt. Gli omosessuali che chiedono di sposarsi come la tradizionale coppia borghese, i trans che trasgrediscono come se fosse una carnevalata, cioè vestendosi da donna come un personaggio di Tognazzi o Banfi nelle commedie cosiddette di serie b, sostituendo semplicemente la mise casalinga con una più sofisticata e à la page.
La Trasgressione insomma non esiste più. Ha vinto la Norma. In questa Norma il transessuale è destinato, come l’omosessuale, ad avere una sua nicchia folcloristica: egli sarà accettato e a qualche eletto (per fini paradigmatici) addirittura gli si faranno vincere ricchi premi, gli si daranno fama e successo e anche l’opportunità di una carriera politica, purché la sua diversità sia di facciata e si limiti a un travestimento, come a carnevale.
Questo è il posto della diversità nella società dello spettacolo italiana. Quanto più enormemente perturbante appare la figura di un Marylin Manson, tanto per dirne una. O quella di Aldo Busi, tanto per restare in ambito nostrano. Ma la peculiarità di Vladimir Luxuria consiste nel fatto che è stato il primo e unico diverso che ha cortocircuitato (apparentemente, perché in fondo si identificano, trattasi solo di distinzione di location) la società politica e la società dello spettacolo, passando da protagonista dalle serate della Mukkassassina al Parlamento e poi al reality show più seguito, con l’unico risultato di omologare la propria diversità a quanto ci fosse di più conforme alla mentalità corrente. Di fatto non ha avuto alcun ruolo politico. Di fatto non ha proposto nulla di spettacolare.
Il messaggio che passa è molto caldo e rassicurante: dichiarati pure donna in corpo di uomo, saremo sempre pronti ad applaudirti, con la comprensione pelosa della tua diversità, a patto che tu condivida i nostri valori e di conseguenza rinunci ad essere veramente, completamente te stesso.
Ma non è quello che in fondo chiedono tutti i glbt? Essere accettati? Ma non li si è sempre accettati in fondo? Specialmente nel nostro paese, con la sua enclave teocratica (Città del Vaticano) i cui esponenti teologicamente espurgano il paradiso dalla diversità salvo poi ascoltarne le confessioni e mondarla - dalla grata della bussola o dalla sagrestia - del suo peccato? Mi spingo più in la: se non ci fosse stata la visibilità dei gay pride per esempio, ci sarebbero stati rigurgiti di omofobia? Se la diversità non si fosse posta come soggetto politico quale sarebbe la situazione dei gay in Italia? Chiedetelo ad Arbasino cosa facevano gli omosessuali negli anni ’50 del secolo scorso, quando il gay come soggetto sociale e politico era ancora a di là da venire…sembra di divertissero molto di più, altro che sfilate, parade, diritti, rivendicazioni, omofobia…
Io dubito che possa esistere il glbt in quanto persona sociale o in quanto soggetto politico
Credo che l’omosessualità possa essere un’esperienza o una scelta, con più o meno gradi di naturalità. Credo che su un comportamento sia molto pretenzioso costruire un’identità sociale o politica. Al massimo, e questa sì che è utile all’Uomo in quanto tale, se ne può costruire una letteraria o artistica. Ammettendo il contrario si giunge alla massificazione e all’omologazione di questa importante esperienza umana, che ha radici religiose (sciamaniche) e culturali molto forti, ma che si sono eclissate in un conformismo piccolo-borghese che fa solo gli interessi della società dello spettacolo, che è società dei consumi, non dimentichiamolo, in cui la merce omosessuale è solo uno dei vari target che servono a far funzionare il motore della malata economi globale. D’altro canto, la pretesa a rivendicare gli stessi diritto dei cosiddetti “etero”, in campo civile e in campo religioso con il matrimonio, per esempio, dequalifica il gblt in persona che scimmiotta quelli che sempre lo discrimineranno, aumentando per di più il loro odio di gender. Un omosessuale non potrà mai essere capito e veramente accettato se non da un altro omosessuale (spesso nemmeno da questi) o da un’artista, non ci si illuda. Le differenze dei gender sono insopprimibili, e francamente, l’effetto che mi fa un gay che ne sposa un altro in chiesa, a prescindere dal fatto o no che entrambi o uno dei due indossi l’abito bianco è lo stesso di quello di una donna che guida un carro armato: un sentimento di pena, che è tragico, per il tradimento del loro gender. E un sentimento di ridicolo, che è comico. Per dirla alla Pirandello, è solo umorismo.