Wednesday, October 05, 2005
UN FILM DI BUD SPENCER & TERENCE HILL
VERITA’ SULLE STRAGI DI STATO? SECONDO IL SENATORE FORMICA OGGI DOBBIAMO RIVOLGERCI SOLO AI FILM E AI ROMANZI…
Ancora più inquietante l’ipotesi del senatore prima ventilata e poi ritrattata sul doppio stato italiano prima della fine della guerra fredda (prima cioè del 1989, anno della caduta del muro di Berlino): uno stato democratico controllato dall’opposizione comunista e uno stato occulto di cui è difficile pensare che la Dc, allora partito di governo, non sapesse nulla. Tant’è che il ministero dell’interno fu gestito sempre da democristiani e non dai socialisti che pure ebbero ad un certo punto grandi responsabilità istituzionali. E ritorna l’eterno tema della colonizzazione americana dell’Italia, che a quanto pare non riguardò-ha riguardato-riguarda(?) solo l’immaginario ma la gestione della stessa cosa pubblica, dato che la classe dirigente locale nella prima repubblica era ritenuta inaffidabile nel controllare le tensioni sociali, in un paese strategico dal punto di vista geopolitico quale è ancora attualmente il nostro.
E al telespettatore restano dubbi amari: ci fu o no questo doppio stato? Chi gestì la politica italiana nella prima repubblica, i democristiani o gli americani? Chi furono i responsabili delle stragi? E viene invogliato a vedere il film, a leggere il libro…potrebbe trovarvi un’interpretazione, una traccia, un understatement.
Il teleschizatore avvertito, sa che queste verità non si sapranno mai. Che il Potere ha a cuore la formazione filosofica del cittadino e vorrebbe che gli italiani fossero tanti Socrate, tanti saggi che sanno di non sapere. Che le stesse verità ormai sono diventate merce nella società dello spettacolo, e se se ne parla ancora è per vendere libri e film. E che di queste vicende nulla sanno le giovani generazioni, alle quali basta e avanza il terrorismo islamico. Il teleschizatore contempla la facies subaureolata dai peli ribelli dell’orco Giulianone, la cui figura è per sempre immortalata in quella foto che lo ritrae a Valle Giulia nella sua fase sessantottesca, e si domanda: se un ex-comunista è diventato infoentertainer del Potere, parlando di “profumo di I.O.R.” (la banca vaticana gestita da Marcinkus all’epoca delle vicenda Calvi) quando al massimo si potrebbe parlare di miasmi pestilenziali, c’è qualcosa di sbagliato nel comunismo o c’è qualcosa di sbagliato in Ferrara? C’è qualche relazione segreta tra la barba di Giulianone e la barba di Marx? E perché anche Gad Lerner, che subito ha deviato il dibattito sul film quando è uscito fuori il nome del lider Massimo, si è fatto crescere la barba (anche se è diversa da quella di Ferrara e da quella del vecchio Karl)? Una schize si autotraccia da Kabul agli studi di La7 e Giuliano e Gad si esprimono in una lingua incomprensibile. Sembra arabo. Sembra siano talebani che discutono dell’assetto futuro dello stato italiano, ci sarà una terza repubblica in cui la storia sarà un cartone animato per sociopatici alla ricerca di cose incomprensibili, arcaiche, da tempo non più up to date. Poi i riferimenti di Formica alla esclusività della gestione del ministero dell’interno da parte dc promanano fetide reminiscenze di staffette, di Caf, del lessico e della pratica politica negli anni 80, come una disgustosa madeleine andata a male inzuppata nello sterco morale di ladrocinii, farse (con vittime) come tangentopoli...e arriviamo all’immagine di Di Pietro scaricata poche decine di minuti prima da Striscia la notizia, mentre con ironia e astio anti-berlusconiano riceve da Staffelli il tapiro, ridotto ormai dalla società dello spettacolo a innocuo simulacro di quel magistrato che negli anni 90 fece tremare o latitare o imprigionare buona parte della classe dirigente dell’epoca, ormai totalmente decostruito dai giornali, dalle interviste e dalle trasmissioni alle quali partecipa come simpatico show-man. Sembra che da quando abbia smesso la toga nessuno lo abbia preso più sul serio. La non-toga di Di Pietro, le scarpe di D’Alema, la bandana di Berlusconi, parlano più di un libro…e allora non ti scandalizzare se Flavia Vento ritiene di avere tutti i titoli per “scendere in campo”: è la società dello spettacolo, baby!